Non è facile portare a compimento una corretta determinazione di un fungo. Purtroppo non esistono scorciatoie per coloro che si stanno avvicinando per la prima volta al mondo dei funghi. Sono necessari anni di esperienza sul campo, con l’ausilio di buoni libri e la frequentazione continuativa dei corsi nelle associazioni micologiche. Dunque, non bisogna avere fretta! Esistono, però, dei metodi di osservazione e di analisi, che possono contribuire all’apprendimento di questa materia.
Lo scopo di questa guida è quello di aiutare i principianti ad affrontare questo argomento correttamente ed in modo semplice. Da sempre, quando un inesperto tenta di descrivere un fungo, che ha avuto modo di osservare, si sofferma principalmente sul colore e la forma del cappello, tralasciando il carattere più rilevante: l’imenio e il suo colore.
L’imenio è la parte fertile del fungo atta a produrre le spore e che negli agarici corrisponde alle lamelle, nelle boletacee e nelle poliporacee a tuboli e pori, nelle idnaceee agli aculei, ecc. Ma proseguiamo con ordine.
IL CAPPELLO
La forma del cappello subisce un continuo mutamento durante la crescita di un fungo. Osservate ora l’immagine e fissate la terminologia indicata.
-Dimensioni
Anche il diametro del cappello può avere dimensioni piuttosto variabili e convenzionalmente vengono usati i seguenti termini: piccolo (inferiore a 4 cm); medio (8-10 cm); grande (oltre 10 cm).
-Rivestimento
Importante (per alcuni generi) è verificare se la pellicola (cuticola) del cappello si stacca dalla carne, inoltre se è asciutta, opaca, liscia, vischiosa, rugosa, glabra (priva di peli) o scamosciata, vellutata. E ancora, se verrucosa, squamulosa, fioccosa, fibrillosa, zonata (cerchi concentrici) o areolata (con piccole aree circolari)
-Orlo
Risulta essere quella parte del cappello che corrisponde al margine, che può avere caratteristiche interessanti.
-Colore
Nei funghi il colore del cappello non rientra nei caratteri stabili, essendo soggetto a notevole variabilità dovuta, anche, alle condizioni atmosferiche, quali pioggia, gelo, siccità, vento, oltreché all’età del fungo stesso.
IMENOFORO
Come già segnalato l’imenoforo di un fungo può essere considerato la parte più rilevante al fine determinativo, oltre ad essere la parte in cui vengono generate le spore. Esso è collocato generalmente sulla pagina inferiore del cappello e può essere composto da lamelle, tuboli e pori o aculei. Nelle Clavariaceae l’imenoforo è liscio, mentre nei gasteromiceti è racchiuso all’interno del fungo di forma globosa.
Consideriamo in questo nostro breve spazio solo i funghi agaricoidi (funghi a lamelle). Cosa è utile osservare delle lamelle?
-Il colore nei funghi giovani e in quelli maturi
-la forma
-l’inserzione al gambo.
Nel secondo punto è importante osservare le facce, l’orlo, lo spessore e la larghezza. Inoltre se c’è la presenza di lamellule. E’ necessario verificare se le lamelle sono separabili (eterogenee), cioè se si staccano facilmente dalla carne del cappello. Poi, se sono fitte o rade.
Riguardo la forma: se sono larghe, ventricose, sinuose, arcuate, acute oppure ottuse. Particolari venature e congiunzioni che possono presentarsi tra una lamella e l’altra vengono definite anastomosi.
Anche l’orlo (filo) della lamella può presentare particolari distintivi, quali: orlo intero, seghettato, liscio, fioccoso, concolore alle facce, ecc.
Nel terzo punto sono anche importanti i termini utilizzati, quali: lamelle distanti o libere, nel caso in cui esse non arrivano al gambo, interrompendosi prima; adnate, se si attaccano al gambo in tutta la larghezza; smarginate, che si assottigliano verso il gambo, congiungendosi in 16 una forma uncinata; decorrenti, che discendono lungamente sul gambo.
IL GAMBO
Risulta essere necessario osservare la forma del gambo , l’ornamentazione, la struttura e la consistenza.
Per prima cosa esamineremo l’inserzione sul cappello e cioè se il gambo è centrale, eccentrico o laterale. Se il fungo fosse addirittura privo di gambo, verrebbe definito “sessile”.
-Forma del gambo
Il gambo può essere cilindrico, diritto, flessuoso o arcuato, fusiforme, bulboso, clavato, inguainato (provvisto di una calzatura), obeso o ventricoso (come il gambo del porcino), filiforme (sottilissimo), radicante (che termina con una parte più sottile a forma di radice piantata nel terreno). Nel caso il gambo fosse bulboso sarà necessario descrivere la forma del bulbo: sub globoso (con forma arrotondata), depresso (schiacciato leggermente nella parte inferiore del bulbo), napiforme (la parte inferiore del bulbo a forma di radice di rapa), turbinato (a forma di trottola o di cono), marginato (con la parte superiore del bulbo ± piatta, creando appunto un margine, come in alcuni caratteristici cortinari).
-Ornamentazione del gambo
La parete del gambo può essere liscia, quando è priva di decorazioni, verrucosa, quando presenta granulosità, fibrillosa (sottili formazioni filamentose che percorrono la parete del gambo), squamosa (gambo provvisto di squamule, come nella Pholiota squarrosa), a rivestimento granuloso (con una sorta di punteggiatura o granulosità), glutinoso (ricoperto da un glutine, come alcuni cortinari del Sottogenere Myxacium), reticolato (tipico è il reticolo del Boletus edulis).
-Struttura e consistenza
La struttura del gambo in rapporto al cappello è indicata in eterogenea (quando la struttura ifale è diversa fra gambo e cappello ed è soggetta ad una facile rottura, come nelle fragili amanite), omogenea (quando, invece, la struttura è la medesima, e la separabilità del cappello avviene solo con una decisa frattura della carne, tipico dei tricolomi, ma come anche nella maggior parte dei funghi). Possiamo inoltre definire gambi carnosi, quando il gambo appare consistente e senza evidenziare una struttura fibrosa, fibrosi, il gambo ha una maggiore resistenza grazie alla struttura fibrosa della carne, assumendo una consistenza flessibile (come nelle clitocibi), fibrosocarnosi, gambi con una struttura intermedia fra i carnosi e i fibrosi. Inoltre un gambo si può definire corticato, quando la parte esterna del gambo è molto consistente, come una corteccia (Gyroporus castaneus), cartilagineo, con una struttura piuttosto elastica, che si piega, pieno, dove la carne del gambo è uguale a quella del cappello avendo una struttura omogenea, cavo, quando appunto il gambo si presenta vuoto (questo avviene in particolare per i funghi abbastanza maturi), lacunoso o cavernoso, quando il gambo presenta all’interno alcune parti vuote, midolloso, quando la carne all’interno del gambo si presenta molle, fistoloso, con una cavità lunga e stretta che percorre tutto il gambo, tuboloso, quando è cavo ed a forma di tubo.
I VELI
Velo generale
Numerosi funghi, allo stadio di primordio, sono avvolti da una membrana protettiva, chiamata velo generale o universale. Durante la crescita del fungo, il velo è soggetto a lacerarsi e, in diversi casi, potranno residuare resti sul cappello (verruche, placche, cortine e altre decorazioni), mentre alla base del gambo si potrebbero reperire i resti ± consistenti del velo, definiti volva. Nel caso in cui i resti sono evidenti, il velo viene definito persistente, in altri casi, in cui esso si dissolve completamente o quasi, si definisce fugace. Altri resti di velo è possibile trovarli lungo il gambo di alcune specie, sotto forma di armilla o rivestimenti squamosi o fioccosi, ma si possono anche trovare tracce indistinte del velo sul gambo (come sul cappello) e fra gambo e cappello in diverse altre specie di funghi. La volva merita un piccolo approfondimento. Essa può presentarsi con forme diverse a causa dei diversi caratteri che la compongono. Se la volva è costituita da ife filamentose si produrrà una consistente volva membranosa a forma di sacco (Amanita phalloides, A. caesarea). Se, invece, la volva è formata in prevalenza da ife di forma sferocitica la volva avrà una consistenza friabile e tenderà a dissociarsi alla base del gambo in placche o scaglie che produrranno sul cappello la formazione di verruche (Amanita muscaria, A. rubescens). In altri casi la struttura del velo può presentarsi in una formazione vischiosa o mucosa, ad esempio il Gomphidius glutinosus ma anche in alcune specie di igrofori.
Anello
L’anello, residuo del velo parziale, è una membrana ± consistente che protegge la parte imeniale e collega il margine del cappello alla parte alta del gambo nella prima fase di sviluppo del fungo. Con la crescita si stacca dal cappello (lasciando dei residui sul cappello stesso) e si riversa sul gambo a mo’ di gonnellino, formando il tipico anello che ritroviamo su diverse specie di funghi (amanite, lepiote, chiodini, suilli, prataioli, ecc.) La forma dell’anello può presentarsi molto diversa da specie a specie ed è necessario soffermarsi sulla sua consistenza, sulla persistenza sul gambo, sul colore e sulle eventuali ornamentazioni (quali: appendici, fioccosità, frangiature, striature, ecc). E’ necessario osservare anche la posizione dell’anello sul gambo, cioè se ascendente o infero, sviluppato dal basso verso l’alto, supero o discendente, sviluppato dall’alto verso il basso. Persino la cortina, velo araneoso presente nei cortinari tra gambo e cappello, è da considerarsi velo parziale.
LA CARNE
Di rilievo è la verifica della continuità della struttura della carne del cappello con quella del gambo. Se la struttura è eterogenea, cioè se la trama della carne del cappello e del gambo sono diverse, ne consegue una sorta di fragilità del fungo, ed il cappello sarà soggetto a staccarsi facilmente (ad esempio le amanite). Diversamente se la struttura è omogenea e dunque la carne del gambo è confluente in quella del cappello, si avranno dei funghi molto più robusti (esempio i tricolomi). Tagliando in due il fungo dall’alto in basso si potrà meglio osservare la consistenza della carne, che sarà: carnosa, compatta, soda, molle, fibrosa, gessosa, cartilaginea, ceracea, suberosa, coriacea.
Si può rilevare anche il peso specifico dei funghi: alcune specie risultano essere piuttosto pesanti (esempio la Russula virescens). Si avrà modo di osservare anche il colore ed il viraggio. Esistono funghi a carne bianca sia nel cappello che nel gambo (es. il porcino), altri funghi a carne colorata o parzialmente colorata. Ma si dovrà anche osservare se la carne conserva il suo colore o è soggetta ad un mutamento. Definiremo un fungo a carne immutabile, quando conserva l’originale colore al taglio; a carne virante, qualora si constatasse una variabilità del colore a contatto con l’aria in un arco di tempo più o meno lungo.
Altro carattere è l’igrofaneità della carne. Alcuni funghi hanno la proprietà di assorbire e perdere umidità, causando la modifica del colore, in particolare nel cappello. Un fungo che ha assorbito umidità ha un colore più scuro, per poi schiarirsi disseccandosi. Il carattere della reviviscenza è, invece, la proprietà di un fungo di seccarsi senza putrefare e ritornare all’originale consistenza con l’umidità. Questo fenomeno è tipico delle specie appartenenti al Genere Marasmius: ricordiamo il comune Marasmius oreades (gambesecche).
L’ODORE e IL SAPORE
Questi due importanti elementi nei funghi fanno parte dei caratteri organolettici.
L’odore può essere molto d’aiuto nella determinazione di un fungo, anche se non deve essere considerato come unico carattere fondamentale nell’individuazione di una specie o, a maggior ragione, della commestibilità. Un buon profumo fungino non è sufficiente per reputare un fungo commestibile (esistono funghi velenosi dal gradevole aroma!). L’odore può essere influenzato da caratteri ambientali e dalla meteorologia: non sempre il fungo raccolto può presentarsi con l’odore tipico. Dunque anche con gli odori, come per altri caratteri nei funghi, è opportuna una ragionevole valutazione. La valutazione degli odori dei funghi spesso dà un’interpretazione soggettiva. Pertanto è doveroso annusare diversi esemplari del fungo, meglio appena raccolto, preferendo vari stadi di maturazione, avendo l’accortezza di strofinare un pezzetto della carne e delle lamelle, per poi riannusare ripetutamente, a brevi intervalli. Alcuni odori sono tipici di alcuni funghi. In futuro parleremo più ampiamente di questo considerevole e singolare fenomeno.
Oltre all’odore, anche il sapore riveste un carattere rilevante ai fini determinativi. L’assaggio si esegue su un pezzetto di fungo, masticando senza inghiottire, per poi sputar via il tutto. Anche se il fungo risultasse velenoso, l’assaggio non comporta rischi se il pezzetto non viene deglutito. Questo per il tempo necessario ad individuare un gusto dolciastro oppure amaro, acre (pepato) o acidulo. Di solito sono sufficienti pochi secondi di assaggio, in altri casi un po’ di più per poi sputare il fungo e la saliva. In particolar modo le specie appartenenti al Genere Russula si prestano all’assaggio in ragione dell’individuazione della commestibilità. Difatti se esse risultano dolci sono considerate commestibili; di contro, se piccanti, sono da considerare non commestibili o tossiche. Questa empirica determinazione attraverso l’assaggio vale solo per le russule, pertanto è d’obbligo riconoscere questo genere. Con l’occasione ricordiamo che quasi tutti i funghi commestibili vanno consumati ben cotti. Poche le eccezioni che si prestano ad un consumo anche da crudo: la più pregiata è la ricercatissima Amanita caesarea, ossia l’ovulo buono.